A.C. 3365-B
Grazie, Presidente. Governo, colleghi, io credo che questa sia una giornata importante per noi in Parlamento, credo che lo sia per il Partito Democratico che, con il MoVimento 5 Stelle, ha lavorato molto in questi anni su questo testo. Questo testo, che auspichiamo tutti venga definitivamente approvato in questi giorni, compone, arricchisce un lavoro che abbiamo fatto in questi anni a sostegno di una verità fattuale che noi vogliamo far diventare anche impegno politico e forza di legge. Quale è questa verità fattuale? Che in Italia c'è un problema: il problema è la quantità di persone che, ahinoi, rubano in questo Paese. E noi vogliamo con questa legge, che è una legge sorella, mi vien da dire, del provvedimento n. 3500 Bindi-Gaetti che sta in Senato e che riguarda i testimoni di giustizia, che in Italia il problema è rappresentato da coloro che rubano, non da coloro che denunciano quelli che rubano. Invece, ahinoi, nel nostro Paese, capita ancora spesso che vengano considerati come un problema coloro che puntano il dito, coloro che fanno i nomi, coloro che denunciano gli illeciti, la corruzione, i furti, perché, poi, la corruzione altro non è che è un modo sofisticato per rubare.
Noi vogliamo dire con questa legge, così come diciamo con il provvedimento n. 3500 che sta in Senato e che riguarda i testimoni di giustizia, che i cittadini italiani che puntano il dito, che fanno i nomi e i cognomi, che aiutano la giustizia a fare il proprio corso sono la soluzione al problema e non il problema. Non è banale fare questa affermazione, tanto è vero che questa proposta di legge sulla quale stiamo lavorando la chiamiamo ancora per lo più usando un nome inglese - whistleblowing -, perché facciamo fatica a trovare un termine italiano adeguato a tradurre quest'attività. Perché noi, nel nostro vocabolario italiano, abbiamo vocaboli precisi, ma che hanno uno stigma negativo per fare riferimento a coloro i quali, anziché girarsi dall'altra parte, anziché piegare la testa, anziché fregarsene, fanno i nomi e i cognomi: spesso li chiamiamo “spioni”, li chiamiamo “infami”, usando peraltro un termine squisitamente mafioso, li chiamiamo “sbirri”, dando alla parola sbirro un'accezione negativa.
Quando, invece, dobbiamo trovare un vocabolo che stigmatizzi positivamente il contributo di trasparenza, di onestà dato dai cittadini che denunciano, fanno i nomi di quelli che hanno le mani nella marmellata, facciamo fatica a trovare un vocabolo italiano, tanto che ricorriamo a un vocabolo inglese, e quando lo traduciamo in italiano parliamo di “segnalante”. Io credo che sia un termine inadeguato, perché la traduzione letterale di whistleblower fa riferimento a colui che fischia, ma non tanto e semplicemente a colui che fischia per attirare l'attenzione su di sé, ma a colui che fischia per fermare un'azione. È il fischio dell'arbitro durante una partita di calcio; il whistleblower non fischia solo per attirare l'attenzione, ma per interrompere un'azione. È il denunciante il whistleblower, è colui che denuncia e si assume la responsabilità di questa denuncia. Tanto è vero che ci sono in Italia cittadini onesti che, avendo denunciato, si espongono ad un rischio tale per la propria vita, ahi noi, e lo Stato deve proteggere queste persone con le speciali misure di protezione. Sono i testimoni di giustizia. Mentre auspichiamo che venga approvata definitivamente questa legge, auspichiamo che il Senato approvi definitivamente quell'altra legge.
Un ultimo passaggio prima di concludere. Questa normativa non è una normativa che esalta l'anonimato della delazione, come qualche detrattore ancora ha voluto dire falsamente, ancora una volta mettendosi dalla parte di coloro che se ne stanno zitti e si fanno i fatti propri, anziché dei cittadini che denunciano. Non è l'esaltazione dell'anonimato. È falsa questa cosa! Semplicemente la segnalazione vivrà nei processi penale, contabile e disciplinare, secondo le regole di quei processi. Tanto è vero che con questa normativa noi tuteliamo il segnalante dalle eventuali ritorsioni, che il segnalante subisce in forza della segnalazione. Quindi, quale anonimato? Noi diciamo soltanto che il segnalante e la sua identità va tenuta riservata, fintanto che le regole processuali lo permettono. Poi, quando le regole processuali richiedono che, invece, l'identità del segnalante entri nel gioco dibattimentale e entra nel gioco dibattimentale, se a quel punto, il datore di lavoro, pubblico o privato, adotta delle misure ritorsive, avendo finalmente scoperto chi è l'infamone che ha fatto la segnalazione, lo Stato interviene per dire: no, non ti puoi permettere di fare questo e sono nulle tutte le misure che tu adotti con una vocazione ritorsiva, perché hai scoperto chi è l'infamone. Noi è questo che facciamo: non l'anonimato per l'anonimato, ma dire al datore di lavoro, pubblico e privato, che non ti puoi permettere nessuna azione ritorsiva nei confronti di chi, per onestà, trasparenza e nell'interesse generale, ha fatti i nomi e i cognomi, ha scoperchiato la pentola.
E noi sappiamo quanto nel nostro Paese - e concludo-, Presidente e colleghi, tutto ciò sia ancora faticoso. Molti di noi conoscono, tra gli altri, l'esperienza di Andrea Franzoso, che ha fatto il suo lavoro, che ha fatto il suo dovere, che ha denunciato il malaffare nell'azienda per la quale lavorava. E che cosa ha dovuto subire per quella denuncia pulita e cristallina? Facendo il suo dovere, il suo mestiere era esattamente quello: doveva segnalare.
Ecco perché sono state importanti e saranno importanti in questa, che è una battaglia legislativa, ma ancor più una battaglia culturale in questo Paese, il ruolo dell'ANAC, come canale principale che filtra e che accompagna queste segnalazioni, ma il ruolo delle associazioni, le associazioni sindacali e associazioni non sindacali. Penso a Transparency, penso a Libera, penso ad Avviso Pubblico, che avranno il compito di continuare a sostenere che in Italia il problema è chi ruba, non chi denuncia. Non chi denuncia!
Poi - e ho proprio finito - la speranza è che approviamo queste due leggi - che tutelano dalle ritorsioni coloro che denunciano e che tutelano dalle minacce della vita i testimoni di giustizia- , che approviamo queste leggi per dirci una volta di più che queste persone sono preziose per la Repubblica e vanno tutelate dalla Repubblica. Le approviamo e, poi, la speranza è che non servano. La speranza è che queste leggi non servano. La speranza è che non ci sia bisogno della norma per tutelare dalla ritorsione, perché un po' per volta in questo Paese passa il concetto che gli avversari, coloro che ci sottraggono il futuro, sono i corrotti, sono i mafiosi, sono quelli che rubano, sono quelli che prendono i denari pubblici per farsi i fatti propri e non le persone che denunciano, che le persone che denunciano non sono straordinarie e, quindi, non sono particolarmente esposte a rischio e alla ritorsione, perché dovremmo esserlo ognuno di noi, quando saremo semplicemente e normalmente ognuno di noi a fare quello che va fatto, i nomi e i cognomi. Allora, queste leggi semplicemente non serviranno più. Ma oggi servono e, quindi, meno male che le approviamo.